TITOLO: I sette killer dello Shinkansen
AUTORE: Kōtarō Isaka
EDITORE: Einaudi (Stile libero big)
PAGINE: 552
PUBBLICAZIONE: 15 giugno 2021
GENERE: Giallo-Thriller
PREZZO: € 9,99 ebook; 21,00 cartaceo
Oji ha la faccia innocente di uno studente per bene, in realtà è un pericoloso psicopatico. È lui ad aver mandato in ospedale il figlio di Kimura, che ora si trova sullo Shinkansen - il treno proiettile - per vendicarsi. Ma Kimura e Oˉji non sono gli unici passeggeri pericolosi. Nanao, a suo dire l'assassino piú sfigato del mondo, e la letale coppia formata da Mikan e Lemon sono sullo stesso treno. Chi o che cosa li ha riuniti in una manciata di vagoni? E chi arriverà vivo all'ultima stazione?
Uno studente dalla faccia innocente che in realtà è uno spietato psicopatico. Un padre alcolizzato che cerca la vendetta per il figlio. Due improbabili assassini che hanno liberato un ostaggio e hanno il compito di scortarlo a casa, insieme alla valigetta del riscatto. Uno sfortunato assassino che deve recuperare una valigetta.
Cercare di riassumere I sette killer dello Shinkansen, dell'autore giapponese Kōtarō Isaka, non è un'impresa semplice. Allo stesso modo non è facile inquadrarlo all'interno di rigide categorie descrittive.
É un giallo? Sì.
É un thriller? Anche.
É narrativa? Beh, sfiora temi morali e sociologici.
Ma soprattutto, quello di Kōtarō Isaka è un libro che ha diviso il pubblico, tra estimatori e detrattori. Posso comprendere che per i puristi del genere entusiasmarsi per I sette killer dello Shinkansen può risultare difficile, ma io l'ho apprezzato per la sua peculiare diversità.
All'interno di quel treno, uno Shinkansen appunto, uno dei velocissimi treni- proiettile che percorrono la tratta Tokyo - Osaka in brevissimo tempo, succederà di tutto.
I vari protagonisti, Ōji, Kimura, Nanao, Lemon, Mikan, etc., si incrociano in una serie di eventi paradossali, a volte imprevisti, in un tumulto di violenza e omicidi. Si scoprono i motivi che portano ogni protagonista sul treno, mentre morte e violenza si stagliano davanti ai nostri occhi.
I sette killer dello Shinkansen si è rivelato un thriller insolito, ben scritto e, non ci crederete, ironico pur trattandosi di un genere che con le risate solitamente ha poco da spartire.
Echi del mio amato Tarantino hanno contribuito sicuramente a creare un'associazione positiva con la storia. Atmosfere pulp e personaggi caricaturali attraverso i quali l'autore sembra schernire la figura stereotipata del serial killer, preciso, metodico ed efferato. Immaginate, infatti, un killer che si chiama Coccinella e che è costantemente perseguitato dalla sfiga, o Lemon, ossessionato dal cartone del Trenino Thomas o un adolescente dall'aria apparentemente angelica che nasconde un animo da psicotico manipolatore.
I capitoli danno voce ognuno ad un personaggio differente, in una bizzarra coralità di ritratti che tratteggiano un'umanità pericolosamente caotica, i cui atti criminali spesso sono guidati più dal fato che da un piano prestabilito.
Forse è questo che rende i protagonisti ancora più inquietanti, tanto l'idea di quanta cattiveria e immoralità intenzionale ci sia, e quanta di questa intenzionalità finisca per essere governata da un fato capriccioso e insensato. Il taglio dato al libro è altamente cinematografico, e a tal proposito non vedo l'ora di vedere la trasposizione sul grande schermo con Brad Pitt, Sandra Bullock e Lady Gaga tra i protagonisti.
Tra inseguimenti, spargimenti di sangue e tensione continua, non mancano momenti surreali e digressioni introspettive di tipo sociologico e moralistico.
Durante le vacanze estive dell’ultimo anno delle elementari, quando si era ritrovato da solo a casa della nonna, una volta le aveva chiesto: «Perché non si devono uccidere gli altri?» Già allora gli adulti non si preoccupavano di dare risposte serie a domande del genere, o meglio, lui sapeva che non erano in grado di farlo in modo appropriato. Dunque non aveva particolari aspettative riguardo a ciò che gli avrebbe detto la nonna, ma lo sguardo di lei si era ammantato di tristezza. «Mi fa paura sentirti dire cose del genere! – aveva esordito, per poi proseguire in una spiegazione quanto mai banale. – Allora, devi sapere che uccidere una persona è un’azione terribile!» Non era riuscita a mascherare il proprio sconforto.«E la guerra, allora? Se dici che non si devono ammazzare gli altri, perché esiste la guerra?»«Infatti anche la guerra è una cosa terribile! E poi lo dice la legge, che non si può uccidere!»«I Paesi dove è in vigore questa legge poi si fanno la guerra, e giustiziano i condannati a morte! Non è strano?»«Quando diventerai grande capirai anche tu…A quelle parole estemporanee della nonna, Ōji aveva provato una forte irritazione, ma si era limitato a rispondere: «Certo, fare del male agli altri è un’azione spregevole…
Il finale è in linea con la storia e non riesco ad immaginarne uno diverso. Se consiglio I sette killer dello Shinkansen? Se siete dei lettori impavidi come la sottoscritta, assolutamente.
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