TITOLO: L'albero delle albicocche
AUTORE: Beate Teresa Hanika
AUTORE: Beate Teresa Hanika
EDITORE: Piemme
PAGINE: 219
PUBBLICAZIONE: 23 gennaio 2018
GENERE: Narrativa
PAGINE: 219
PUBBLICAZIONE: 23 gennaio 2018
GENERE: Narrativa
PREZZO: € 18,50 cartaceo - 9,99 ebook
Un albero in un cortile di Vienna. Il ricordo più struggente di tutti. Quali sono i ricordi che fanno una vita? Un albero di albicocche in un cortile di Vienna. È uno dei primi ricordi, e forse il più struggente, di Elisabetta. A quei tempi, vivevano ancora tutti in quella grande casa: sua sorella, bellissima, che prendeva il sole in giardino, ammirata dai ragazzi del vicinato; la madre che cantava tutto il giorno; il papà che tornava sempre a casa con regali sorprendenti, come la piccola tartaruga Hitler. Fino al giorno in cui ogni cosa finì, quando arrivarono le SS, e presero tutti. Tutti tranne Elisabetta, che non era in casa in quel momento. E, unica in tutta la sua famiglia, riuscì a salvarsi. Dalle SS, dai campi, dalla guerra: restando prigioniera, però, di un vuoto che l'accompagnerà per sempre. Da allora, Elisabetta segna ogni anno che passa con una nuova marmellata fatta con i frutti del suo albero. Un modo per non dimenticare. Ma la sua vita tranquilla e isolata di donna ormai anziana, che si porta dietro il peso dei ricordi, viene improvvisamente rivoluzionata quando in casa sua viene ad abitare una giovane ballerina tedesca, con la quale pian piano nasce una bizzarra amicizia. Ma Pola, scoprirà Elisabetta, sa molte più cose del passato della sua famiglia di quante l'anziana donna possa immaginare… E forse, per lei, è arrivato il momento di conoscere la verità su ciò che è successo ai suoi genitori e sua sorella. Un romanzo intimo e luminoso, una storia toccante che esplora il doloroso passato di un'intera generazione, regalando momenti di profonda commozione.
PERCHÈ LEGGERE L'ALBERO DELLE ALBICOCCHE
Nel giorno della memoria, non potevamo non ricordare una delle tragedie che ha sconvolto e scosso l'umanità. L'abero di albicocche, attraverso gli occhi della protagonista Elisabetta racconta tutto il senso della fragilità umana, che in balia degli eventi può mutare improvvisamente e lasciare segni indelebili. La tragedia delle deportazioni stravolge la sua tranquilla esistenza e da allora solitudine e rimpianto saranno i suoi più fedeli compagni, fino a quando nella sua vita irrompe una ballerina tedesca, Pola. La memoria è il filo conduttore di tutta la storia, ricordi che vivono anno dopo anno attraverso la sua marmellata di albicocche.
Toccante e strugente, leggere L'albero delle albicocche è un ottimo modo per commemorare una tragedia che non va dimenticata.
CITAZIONI
1
Voglio raccontarti una storia. So che le storie sono passate di moda. Sarà dalla fine del secolo scorso che non ne ascolto una. A parte questa. Parla di amore e libertà e, per una buona storia, non c’è niente di meglio. Tutto cominciò quando la russa se ne andò e arrivò l’altra ragazza. Credevano che non me ne sarei accorta. Credevano che i miei occhi fossero tanto deboli che non sarei stata in grado di distinguere una russa da una tedesca; che il suono delle loro voci fosse tanto simile – duro e aspro – che, attraverso le assi dell’impiantito, avrei sentito solo il loro accento smozzicato, scambiandole per la stessa persona. Credevano che non mi sarei accorta, un giorno, che non era più la russa a rincasare, ma l’altra. ...
Con quest’altra, mi era bastata un’occhiata superficiale per sapere che si portava appresso dei guai, come una gatta i suoi cuccioli. Ripensandoci, mi chiedo perché non l’abbia messa alla porta quella prima sera. Dopotutto, era casa mia, il mio appartamento. Eppure, per qualche ragione,
non mi venne in mente di farlo. Aveva lasciato nella tromba delle scale una scia di pece, insieme a un misto deleterio di rabbia, paura e mistero. Di parole non dette e azioni da dimenticare. Forse fu quello a impedirmi di rincorrerla e affrontarla, o forse a trattenermi furono semplicemente demenza senile, noia e un pizzico di vigliaccheria. Chissà.
2
L’anno seguente, quando l’albero diede frutti in abbondanza perché la primavera era stata soleggiata e mite e l’estate calda, mi capitò di nuovo tra le mani, e allora lo misi dabbasso con gli altri sullo scaffale. Piangevo, non per il barattolo o per la mia sbadataggine, ma perché il figlio dei vicini mi aveva di nuovo spezzato il cuore baciandomi e poi abbandonandomi. E scoprii che, anche se il dolore non passava, quantomeno si attenuava denocciolando le albicocche e spappolandole nella pentola. Che le lacrime che mi rigavano il viso non erano più salate, ma dolci, e che, quanto più mescolavo e quanto più la poltiglia di albicocche cuoceva facendo le bolle e saltando sul mio grembiule, tanto più il mio cuore si allargava.
3
«Ogni perdita è dolorosa» dissi in tono blando, accarezzando con le mani screpolate il legno altrettanto screpolato della panchina. Presto, l’afa della città avrebbe fatto maturare le albicocche, e nottetempo sarebbero cadute sull’erba con quell’inconfondibile tonfo sordo. Quanti vasetti avrebbero riempito quell’anno? «Be’, ci sono delle differenze.» Restammo in silenzio, mentre io contavo i secondi. Rahel taceva ostinatamente. «Quali differenze?» feci io, arrendendomi.
Un merlo volò sull’albero assaltando le albicocche immature. Cosa si credevano, quegli uccelli? Di rubare le albicocche acerbe? Buttai in alto una manciata di sassolini, e il merlo spiccò il volo tra alte strida. «Ti ho raccontato com’era, quando siamo arrivate a Dachau? Eravamo uno degli ultimi trasporti. Treblinka l’avevano chiuso; Auschwitz, Flossenbürg, Bergen-Belsen e Maly Trostinec già da un pezzo. Se non ricordo male, si ritiravano un pezzo per volta, mano a mano che la situazione si faceva più critica. Ma non hanno mai smesso. Devono avere pensato: “Presto, presto, facciamoli fuori lo stesso!”»
A disagio, mi misi le mani in grembo stropicciandole come in inverno, quando erano intirizzite dal freddo. Rahel, Rahel... Ma perché? Perché bisogna sempre ricordare e rivangare tutto?
Bello? E allora non perdete le altre tappe!
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