mercoledì 9 maggio 2018

L'ORSO, CLAIRE CAMERON. Review party.

TITOLO: L'orso
AUTORE: Claire Cameron
EDITORE:SEM
PAGINE:178
PUBBLICAZIONE: 26 aprile 2018
GENERE:Narrativa
PREZZO: € 7,99 ebook; cartaceo17,00

Anna è una bambina di cinque anni. Con i genitori e il fratellino, Stick, di poco più piccolo, sta facendo una bella vacanza sull’isola di Bates, un paradiso naturale al centro del meraviglioso lago canadese di Opeongo.
La radura dove si fermano per la notte è un incanto. Anna stringe a sé Stick e dice buonanotte al papà e alla mamma, che si ritirano nella loro tenda. La notte è tiepida, trasparente, e i suoni che provengono dal bosco accompagnano fin dentro i sogni più dolci.
Ma nel cuore della notte la vita diventa un incubo.
All’improvviso i due fratellini vengono svegliati dalle urla della mamma e del papà, dal trambusto assordante. Un grosso orso nero ha sventrato la tenda dei genitori e si accanisce su di loro con la sua enorme forza, con la ferocia della bestia affamata. In un ultimo, disperato atto di coraggio il padre mette in salvo i piccoli, chiudendoli all’interno di un robusto container per gli attrezzi e le provviste.
Il giorno seguente, nella luce di una giornata di sole, i due bimbi escono dal nascondiglio che li ha protetti dalla bestia e si incamminano, insieme con il lettore di questo sorprendente, emozionante romanzo, nella loro nuova vita. Attorno, oltre i resti del passato e dell’amore, c’è la natura pericolosa, affamata, impenetrabile, ostile. E una fioca luce per guardare verso il futuro.



Una tragedia terribile vissuta e raccontata attraverso gli occhi di una bambina di cinque anni. La ferocia della natura che si abbatte sull'uomo e il tentativo ingenuo di un piccolo esserino di dare un senso a una cosa che qualsiasi adulto faticherebbe ad accettare. L'orso di Claire Cameron è un toccante racconto sulla lotta dell'uomo contro la natura, sullo spirito di sopravvivenza e sull'amore fraterno che non conosce ostacoli. 
Non vedo la mamma da nessuna parte. Vorrei che il sole la smettesse di starmi sempre dietro.
Una giornata come tante altre, una gita con la famiglia sull’isola di Bates, al centro del lago canadese di Opeongo. Per Anna le uniche preoccupazioni sono quelle di salvare il prorio orsetto di peluche dai continui assalti del fratellino Stick e lamentarsi perchè condividono gli stessi spazi. Problemi di bambini, tra capricci e richieste di attenzioni, finche la natura non irrompe con ferocia a scombinare il naturale equilibrio delle cose. Rumori strani, le urla della mamma, movimenti concitati e poi la faccia di papà che spunta all'interno della tenda e in un marasma di braccia, corse e teste che sussultano, la piccola Anna si ritrova all'interno di Coleman, il grosso contenitore che la famiglia usa per mantenere il cibo e che lei immagina come un grosso animale con la bocca aperta, Quella bocca è l'unico spiraglio d'aria e di luce, ma papà lo ha bloccato con un grosso sasso. Così Anna continua a sentire solo rumori e la sua fantasia di bambina cerca di dare una spiegazione logica a tutto quello che sente e non vede. Forse la mamma è arrabbiata, perchè non grida mai, nemmeno quando lei combina qualche marachella; la mamma di solito si limita a farle quello sguardo freddo che le fa torcere lo stomaco e salire le lacrime. E papà? Perchè l'ha chiusa dentro Colaman con Stick che continua a piangere e a lagnarsi per ogni cosa? Lei non è una baby-sitter, non può occuparsi di tutto!
E ancora rumori, un odore bruttissimo e qualcosa che si avvicina e cerca di aprire il loro contenitore. Anna riesce a sentire solo qualcosa che fiuta, come Snoopy il cane della signora Buchanan quando vuole qualcosa. Ma poi lo intravede, il grosso cane nero, un orso affamato che vuole distruggere tutto, e rumore di ossa sgranocchiate e poi di nuovo fiuto, e poi silenzio.
Quando finalmente Anna e Stick escono dal loro rifugio quello che trovano davanti ai loro occhi è la devastazione, cibo sparso ovunque, e la mamma distesa dieto ad un cespuglio, su un letto di foglie. La sua mamma però sta male, ha del sangue sul collo e di papà non c'è nessuna traccia, perchè li ha rinchiusi dentro Coleman e non è più tornato. Forse hanno fatto qualcosa che lo ha fatto arrabbiare, forse non le vuole più bene, forse...
 Mi sto arrabbiando con la mamma, perché è passato troppo tempo. Non so perché ci vuole così tanto e lei ha detto «ci sarò». E noi siamo qui. Quando mi perdo devo andare al posto di incontro, davanti al negozio di alimentari, ma qui non ci sono le casse con i bottoni né i nastri di gomma che fanno scivolare le cose da mangiare. Sono preoccupata di essere nel posto sbagliato, e forse la mamma mi sta aspettando ed è arrabbiata.
La mamma, distesa su quel letto foglie, con gli occhi  che faticano a rimaere aperti, le chiede un ultimo sforzo: prendere Stick, portarlo sulla canoa e pagaiare lontano. Inizia così la grande corsa di una piccola bambina che tenta di mettere in salvo il fratellino di due anni, dalla terraferma al lago e dal lago di nuovo alla terraferma. Una corsa contro le intemperie e la rigidità della natura che già è impervia per un adulto, figurarsi per due bambini. Tante volte Anna penserà di non farcela, piangerà, si lamenterà di dover badare al fratellino, ma una promessa è una promessa e la mamma ha fiducia in lei.
Basato su una storia vera, Claire Cameron mette in piedi un impianto narrativo basato sui racconti di una bambina di cinque anni che ci conduce per mano sul sentiero sconnesso e sconclusionato di un'esperienza terribile. La bellezza della storia sta proprio in questo, nell'ingenuità con cui la piccola Anna cerca di dare coerenza al caos che la circonda, ma il risultato sono i pensieri di una bambina che tra paragoni e similitudini non comprende realmente la gravità della situazione che sta vivendo.
La Cameron con una scrittura evocativa, descrive Anna come la bambina che è: capricciosa, stanca di dover badare al fratellino che piange e si lamenta di continuo, perchè anche se la mamma glielo ha chiesto, lei non è una baby-sitter. Le insicurezze di Anna sono palpabili, così come lo stato di tensione che in alcuni punti mi ha davvero terrorizzata.
La descrizione dei rumori che Anna sente, e che la sua mente di bambina identifica ingenuamente con quelli del cagnolino della vicina di casa, arrivano alla mente del lettore come immagini vivide e terrifiche. 
...voglio dire alla mamma che poco tempo fa qualcuno mi ha spezzato il cuore, della cicatrice sul ginocchio, e di come ho insegnato ad Alex ad andare in bicicletta. Voglio raccontarle dei miei incubi, invece non dico nulla. Mi abbraccio le gambe e abbasso la testa
Una storia che non mi aspettavo mi prendesse così tanto, dandomi attimi di tensione, ma anche una sconfinata tenerezza. Avrei avuto voglia di balzare dentro il libro e stringere quelle piccole creature impaurite e portarle velocemente in salvo, in modo che di quella tragedia non abbiano mai nessun ricordo. Ma la vita lascia sempre delle tracce, e così sarà anche per Anna. E poi chissà se nella stessa situazione avrei avuto lo stesso coraggio, un coraggio dato dall'incoscenza e dall'ingenuità, una cosa noi adulti abbiamo perso fisologicamente con la crescita, e che a volte serve ancora per sopravvivere. 
Claire Cameron è stata così gentile da rispondere ad alcune domande poste da noi blogger. Se vi va di leggere le sue risposte oltre che da me, passate anche da:
  • Quali sono le tue peggiori paure?
  • Quanta parte di te c'è nella storia che hai scritto?
Quando ho iniziato a scrrivere avevo due bambini piccoli.
Amo andare n canoa nella natura e l'ho fatto per tutta la vita.
Ma sono tornata in Canada da Londra e ho capito che ero preoccupata di portarli nei boschi e quando mio marito mi ha chiesto perchè, tutto quello a cui pensavo era. gli orsi?
Ma non mi sembrava giusto.
Sono stata in mezzo a molti orsi, ho scalato montagne da sola e ho visto i Grizzly e mi sono spaventata ma non è successo nulla.
A quell'orso non fregava niente di me.
Mentre scrivevo questo romanzzo ho capito che quello che più mi spaventava era il fatto che potesse succedermi qualcosa e che i miei figli non avrebbero avuto una madre.
Ho dato per scontato che stessi scrivendo sui miei figli e mi sono chiesta cosa avrebbero fatto.
Ma mentre andavo avanti con la storia, ho capito che la bambina ero io.
Mio padre è morto quando ero piccola, si è lasciato indietro due bambini piccoli e quando ho avuto dei figli ho capito quanto doloroso sarebbe stato.
Quindi scriver questo libro significava arrivare alla radice della mia paura. Non avevo paura degli orso.Potevo vedere più chiaramente la mia paura e questa non doveva fermarmi nell'andare nei boschi.
Grazie a Sara Zannoli di Bookspedia per la traduzione
 

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