venerdì 12 ottobre 2018

COME L'ACQUA CHE SPEZZA LA POLVERE, DEBORAH LEVY. Review party.


TITOLO: Come l'acqua che spezza la polvere
AUTORE: Deborah Levy
EDITORE: Garzanti
PAGINE: 235
PUBBLICAZIONE: 11 ottobre 2018
GENERE: Narrativa
PREZZO: € 10,99 ebook; € 17,90 cartaceo
Almería, sud della Spagna. La sabbia bruciata dal sole respira al tocco delle onde fresche del mare. Sulla battigia, una accanto all’altra, due donne contemplano affascinate l’orizzonte. Sono madre e figlia. Rose combatte da anni contro un dolore di cui nessuno riesce a scoprire la causa e che lei chiama «malattia immaginaria». Sofia ha venticinque anni e ha messo da parte sogni e ambizioni per prendersi cura di lei. Entrambe sono a un vicolo cieco.
Ma quell’estate segna un confine netto tra il loro passato e il loro futuro. Sofia incontra una ragazza che è il suo esatto opposto. Ingrid è indipendente, realizzata, libera da vincoli. Tra le distese brulle e desertiche di una Spagna assolata, con l’amica accanto, Sofia riprende in mano le fila della sua vita. Riprende in mano la propria giovinezza perduta. A partire dal rapporto con il padre che, anni prima, ha troncato per volere di Rose. E quest’ultima trova finalmente un medico che sappia davvero ascoltare e lenire le sue paure e le sue insicurezze. Perché a volte la sofferenza ha radici lontane e per liberarsene bisogna solamente ascoltarsi nel profondo. Perché a volte la cura migliore è il conforto di un abbraccio. Sofia e Rose non sono più le stesse e, in un unico istante, si ritrovano. Si ritrovano unite dal legame tra madre e figlia che nulla può spezzare. Qualunque cosa accada. 

L’empatia è più dolorosa delle punture di medusa.
Ci sono storie che brillano per la capacità di coinvolgere il lettore in atmosfere visionarie, a tratti surreali ed è il caso di Hot Milk di Deborah Levy, acclamata autrice internazinale che torna con Garzanti raccontandoci la difficile storia del legame tra una madre e una figlia.
Sofia Papastergiadis è una giovane antropologa che a soli venticinque anni ha messo da parte la propria vita e le proprie aspirazioni per stare accanto a una madre depressa quasi ridotta all'immobilità. Rose e Sofia sono sole da tanto tempo, da quando il padre di quest'ultima ha deciso di divorziare dalla moglie per tornare in Grecia e rifarsi una famiglia, lasciandole completamente al verde. Durante questi anni Rose è stata la madre e il padre di una figlia ritenuta debole e senza carattere, condizione che si aggrava al peggiorare delle situazoni fisiche della madre, che oserei dire essere di origine più che altro psicosomatica.
Nel tentativo di scoprire di più su questa fantomatica malattia Rose ipoteca nuovanmente la sua casa, e le due donne si recano ad Almería, nel sud della Spagna, dove una rinomata clinica privata promette di guarire i suoi mali. Grazie all'opera del dott. Gomez, che osserva la dinamica chiara tra madre e figlia, Sofia inizierà a prendere le distanze da questo rapporto asfissiante ripensando alla sua intera vita, mentre paziente aspetta che alla malattia della madre venga dato un nome. 

Di notte la cupola marmorea della clinica Gòmez somiglia a un seno spettrale e solitario illuminato dalle lampade nascoste fra le piante grasse. Un materno faro appollaiato sulle montagne, con il suo marmo latteo striato di venature che si staglia sul viola del limonio. Un seno notturno, sereno ma sinistro sotto le luccicanti stelle della notte. Ma, se è un faro, cosa segnala a me, angosciata nel deserto e tremante in tutto il corpo ? Un faro dovrebbe aiutarci a navigare lontano dai pericoli, a prendere la giusta rotta verso un porto sicuro. Eppure a me sembra che per buona parte della mia vita sia stata proprio mia madre il pericolo.
Come l'acqua che spezza la polvere non è stata di certo una lettura facile e la narrazione priva di particolari colpi di scena non ha migliorato il mio approccio alla storia. Tutto ruota attorno alla rappresentazione dell'interiorità dei protagonisti, alla descrizione dei loro stati d'animo, alle atmosfere allucinatorie descritte. 
Rose e Sofia sono due donne profondamente diverse. Non saprei dire se Sofia è così inconsapevole di quello che vuole o di ciò che è, perchè è stata schiacciata dal peso di una madre opprimente, o se in verità ha una personalità debole e immatura. 

 Continuo a camminare, stordita. H o fatto succedere qualcosa. Tremo, consapevole di essermi trattenuta per troppo tempo dentro il mio corpo, dentro la mia pelle. La parola "antropologia" viene dal greco anthropos, che significa "uomo", e logos, che significa "studio". Se l’antropologia è lo studio del genere umano dai suoi inizi, milioni di anni fa, fino al giorno d’oggi, io non sono troppo brava a studiare me stessa.

Il viaggio in Spagna è per lei un'opportunità di grande crescita e cambiamento, di riscoperta e cammino in avanti per uscire dal guscio in cui è stata rinchiusa per troppo tempo. Anche la sessualità di Sofia appare immatura, tanto che si invaghisce sia di un uomo che di una donna, Ingrid, tanto diversa da lei, libera, eccentrica e piena di vita.
C'è da dire che Deborah Levy ha una prosa onirica e il fulcro dell'intera storia è sicuramente il rapporto tra madre e figlia. Un continuo simbolismo che ruota attorno a varie figure mitologiche e sinestesie, all'immagine del seno, del latte materno (a partire dal titolo originale) come feticcio in grado di rappresentare un legame non sempre scontato nè viscerale con la propria progenie.
E poi ci sono le meduse, presenti in modo da non potere ignorare il loro ruolo nell'iscenare un'mmaginario onirico che conduce al mito di Medusa in grado di pietrificare con lo sguardo. Ed è così che Rose e Sofia sono, pietrificate, immobilizzate una dalla propria malattia immaginaria, l'altra dall'incapacità di autodeterminarsi rompendo il legame materno.
Una storia visionaria che ammalia per la caratterizzazione profonda e bizzarra dei suoi personaggi, che attira per lo stile stravagante e colto della Levy. Se avete voglia di fare una lettura diversa, profonda e fuoiri dagli schemi non rimarrete delusi.



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