giovedì 30 agosto 2018

LA PRIGIONIERA, DEBRA JO IMMERGUT. Review party.

TITOLO: La prigioniera
AUTORE: Debra Jo Immergut
EDITORE: Corbaccio
PAGINE:300
PUBBLICAZIONE:30 agosto 2018
GENERE: Thriller Psicologico
PREZZO: € 17,90 cartaceo; 9,99 ebook

Due voci, un uomo e una donna, si alternano nel raccontare la loro storia. La storia che li ha portati dove sono adesso: in carcere. Frank come psicologo, Miranda come detenuta. Si erano già conosciuti ai tempi del liceo, quando Frank si era infatuato di questa ragazza, schiva e misteriosa e che neanche si era accorta di lui. Non è inconsueto incontrare casualmente una persona che ci ha fatto perdere la testa tanti anni prima. Di solito la vecchia passione si ridimensiona, più raramente si riaccende. Qui però la situazione è fortemente anomala. Il luogo, la prigione, è claustrofobico, la realtà che si vive è rarefatta e distorta. La relazione tra Frank e Miranda non può essere normale, eppure non è affatto chiaro chi dei due dipenda dall’altro, chi sia libero e chi non lo sia. E il passato, che si disvela a poco a poco coinvolgendo non solo i due protagonisti ma, per cerchi concentrici, le famiglie, i genitori e tutte le persone che fanno parte della loro vita, è un concatenarsi di eventi che ineluttabilmente li portano proprio dove sono adesso. Con un carico di emozioni, di frustrazioni, di passioni che non si sa che strada prenderanno: verso la salvezza? O verso la distruzione? La prigioniera è un romanzo che parla di bene e di male, e di come bene e male siano ripartiti in ugual misura dentro tutti noi. In questo senso è un libro universale: i protagonisti sono persone normali, che vivono, sbagliano e tentano di riscattarsi dagli errori commessi. Persone come noi. 
Devo ammettere che ero curioso. A dire il vero la curiosità è un'emozione inaccettabile per un professionista della salute mentale o per qualsiasi operatore del campo sanitario.
Soddisfare una curiosità equivale ad appagare un desiderio, e un consulente psicologico non ha diritto all'appagamento dei propri desideri (o di quelli altrui), anzi, non deve nemmeno pensarci ai desideri quando lavora con un paziente.
 
Uno psicologo sull'orlo del barnout che lavora in un carcere femminile. Una detenuta condannata per omicidio di secondo grado che cerca in qualche modo di fare i conti con la sua nuova condizione. Una vecchia cotta del liceo che è quasi un'ossessione. Questi sono gli elementi chiave de La Prigioniera, thriller psicologico di Debra Jo Immergut, in uscita oggi 30 agosto per Corbaccio. 
Ovviamente quando c'è di mezzo una trama che tratta di salute mentale, non posso fare altro che fiondarmi come un falco nella lettura. 
La storia ha delle buone premesse sin dall'inizio e il suo sviluppo mi ha soddisfatto abbastanza. 
La prigioniera però non è un thriller ad alto tasso di tensione e dai grandi colpi di scena. Certo, questi sono presenti e danno vita a un plot che convince, ma il focus sulla psiche dei protagonisti contribuisce a creare un'atmosfera dai toni foschi che si cala nei meandri oscuri della personalità. 
Frank Lundquist, dopo una brutta battuta d'arresto a livello lavorativo, si ritrova a fare lo psicologo nel carcere femminile di Milford Basin. Una vera e propria discesa agli inferi dove scontare uno sbaglio che gli è costato moglie e carriera. In quell'inferno incontra la detenuta Miranda Greene, il suo vecchio amore del liceo, la ragazza dietro cui si sedeva a lezione e che spiava con l'occhio attento di un ragazzo con un vero e proprio chiodo fisso. 



Gli errori si commettono, e adesso mi trovavo qui dove gli errori si scontano.

Lei non lo ha mai notato e le le cose non sembrano essere cambiate, perchè a dispetto di quello che gli si muove dentro alla sola vista della donna, lei non sembra riconoscerlo. Cosa ci fa una ragazza di buona famiglia, con un destino radioso già disegnato, con una divisa arancione tra assassine, prostitute e tossiche instabili?
Forse, il destino ha rimesso Miranda sulla sua strada per un motivo. Lei potrebbe rappresentare il momento di riscatto e aiutare lei significherebbe aiutare se stesso. 
Inizia così un lento cammino verso l'autodistruzione, un vortice che lo risucchierà al suo interno insieme a Mirada. Chi è la vittima e chi il carnefice diventa difficile dirlo, perchè in un modo o nell'altro entrambi sono vittime dei loro peccati. 
La Prigioniera è stata una lettura interessante, che ha solleticato le mie corde di analista, proiettandomi in quella che è la mente di Frank. Professionista insicuro, pieno di dubbi e sensi di colpa, rappresenta con fredda lucidità uno degli esiti di una condizione di logorio psico-fisico a cui una professione come quella dello psicologo può portare. Via via che ci inoltriamo nel racconto, come un lungo diario che tenta di dare una giustificazione universale a quello che gli è successo, conosciamo bene anche il passato di Frank, tormentato dalla colpa per un errore che ogni essere umano avrebbe potuto compiere, anche uno psicologo.


Nel lavoro avevo sempre cercato di evitare la fusione dei ruoli, di costruire un muro bello alto tra la mia vita professionale e quella privata. A essere sinceri, tuttavia, spesso non ci ero riuscito. In realtà è solo una leggenda che uno psicoterapeuta possa ascoltare il paziente con scrupoloso distacco. Gli psicologi, e persino gli psichiatri, sono solo esseri umani, dopotutto. Come chiunque altro, anche noi ci portiamo nello studio la nostra intera vita per poi riportarci a casa la sera ciò a cui assistiamo sul lavoro.

Un'infanzia vissuta all'ombra di un pade che è un luminare della psichiatria e che ora schiaccia inconsciamente il suo presente, un fratello tossicodipendente e una moglie che lo ha abbandonato nel momento di maggiore crisi. 
La convinzione che aiutare Miranda possa rappresentare una sorta di riscatto toglie a Frank ogni forma di lucidità, così si fa fatica a distinguere i ragionamenti lucidi dai vaneggiamenti. 
Miranda è una figura misteriosa, a tratti inquietante, la cui vera natura si scopre solo alla fine del libro. Anche il suo passato è costellato di eventi traumatici che hanno lasciato il segno e per i quali si sente responsabile, a torto o ragione. Grazie all'alternarsi dei punti di vista e ai flashback sul passato di entrambi i protagonisti, riusciamo a conoscere frammenbti della loro storia personale e una visione della realtà da ambo le parti che non sempre combacia. Per lei Frank viola ogni norma del codice deontologco della sua professione, eppure non se ne cura. Ogni tanto l'impulso di tornare indietro prima di compromettersi definitivamente fa capolino nella sua testa, ma è subito schiacciato dal pressante vuoto affettivo che lo circonda.
Debra Jo Immergut ha dato vita ad una storia che non è di facile lettura ma che cattura, soprattutto se come me amate le atmosfere inquiete e i vicoli tortuosi della mente umana. Uno stile introspettivo, con una ricostruzione puntuale della professione psicologica che ho parecchio apprezzato, un thriller psicologico dalle tinte fosche.
Prendetevi un pomeriggio, spegnete il cellulare e immergetevi nella lettura di questa particolare storia, con una protagonista alla Orange is the new black.


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