mercoledì 22 luglio 2020

SANGUE NERO, DYVINA SOLLENA. Presentazione+estratti.

TITOLO: Sangue Nero
AUTORE: Dyvina Sollena
EDITORE: self publishing
PAGINE: 382
PUBBLICAZIONE: 21 luglio 2020 
GENERE: Paranormal romance
PREZZO: €  2,99 ebook; 12,00 cartaceo


“A volte ci si arrabbia quando si ha qualcosa da nascondere. E quando si ha qualcosa da nascondere significa che esistono dei segreti.”
Rebecca Janette Cross, Reb per gli amici, è una giornalista ambiziosa decisa a scovare quella notizia che le consentirà di scrivere un articolo sensazionale, con il quale arrivare al successo nel suo campo, permettendole così di allontanarsi da Hazycreek che l'ha vista nascere.
Quando una notte si intrufolerà nella villa dei temuti Winterbourne, incontrerà l'oscuro e affascinante Sebastian, unico figlio maschio ed erede della potente famiglia. Il giovane uomo con la sua seducente bellezza e maestria nel non rispondere alle domande di Reb, riuscirà a spezzare tutte le certezze della ragazza su quello che credeva di conoscere dei suoi concittadini facendole iniziare un’estenuante battaglia con se stessa.
In bilico fra l'accecante, quanto inspiegabile, passione per Sebastian e la certezza che qualcosa di oscuratamene maligno si sta muovendo fra le persone di Hazycreek, Reb cercherà una risposta a tutte le sue domande che invece di trovare risoluzione, aumenteranno sempre più.
Una lotta tra corpo e mente, tra cuore e ragione, tra giusto e sbagliato che metterà alla prova le sue convinzioni e la sua tenacia nel risolvere il mistero della sua città.
E quando scoprirà la verità nascosta dietro a quei segreti, la vita di Rebecca non sarà più la stessa.

ESTRATTI



 1

Mi inumidii le labbra pensando che in fondo avesse ragione. Salii con le ginocchia sul divano sporgendomi ulteriormente verso di lui. Lo tirai a me per il colletto della camicia per poi prendere il suo volto tra le mani, chiusi gli occhi e lo baciai di nuovo. Lentamente, con dolcezza mentre le farfalle allo stomaco non mi davano tregua, mentre il cuore scoppiava e l’emozione cresceva, si espandeva a dismisura imprigionandomi in un vortice di sentimenti che prendevano sempre più forma. Sebastian mi faceva impazzire ed era inutile soffocare quel desiderio rovente, mi eccitavo solo a pensarlo e ogni volta che gli stavo vicino le palpitazioni mi toglievano il respiro. Lo allontanavo, ma quando non lo avevo al mio fianco, mi mancava da morire come se fosse una parte di me di cui avevo bisogno per sentirmi completa. Gli accarezzai il viso perdendomi nei suoi occhi mentre riprendevo fiato. Mi ero innamorata di lui e non avevo più scampo.


 2

«Che fine ha fatto la mia macchina?» mi domandò slacciandosi la cintura.
«Me ne occuperò personalmente. Ora va a dormire, Rebecca. Riposa e non pensare troppo», le sussurrai all’orecchio aiutandola ad aprire la portiera.
Lei non scese, allungò un braccio e la richiuse.
«Non potrò mai dormire dopo tutto quello che è successo.» Incrociò le braccia sotto il petto e mise il broncio.
Perché non scappi? Lo farebbe chiunque.
Osservai il suo viso teso, le sopracciglia aggrottate e quelle labbra ferite che non smetteva di mordicchiare. Sentivo ancora il loro sapore in bocca. Era difficile starle accanto per quanto lo desiderassi.
«Non è successo niente di grave, Rebecca.»
«Sì, invece. Non lo concepisco, mi sembra di impazzire. Sono le medicine? Forse ho le allucinazioni e non è successo niente davvero.»
Parlava, parlava senza prendere fiato, arrovellandosi la mente di domande senza soluzione.
Avrei potuto far tacere tutti i suoi dubbi, ma non sarebbe più stato divertente.
«Cosa pensi di aver visto?»
«Tu hai cambiato faccia e anche le tue sorelle.»
«Mi sembra di averti dato prova di cosa posso diventare. Non hai le allucinazioni.»
Si prese la testa tra le mani.
La guardavo lottando con me stesso e quello che la sua vicinanza mi suscitava.
Se non ci fossero tutte queste dannate regole.
Ma era sbagliato.
Per quanto fremessi dalla voglia di farla mia, una parte di me non voleva farle del male. Non senza il suo consenso, e non mi era mai successo.
Lei era diversa, lo era per me, a prescindere dal destino che prima o poi avrebbe iniziato a rincorrerla.
«Perché mi hai risparmiata?» domandò girandosi di scatto dalla mia parte.
«Vai a casa, Rebecca.»
«No.»
Afferrai il suo mento con una mano e sfregai il pollice sopra il taglio sul labbro. Qualche goccia di sangue finì sul mio dito. Lo portai alla bocca e lo leccai.
«Stai attenta, potrei ancora cambiare idea.»
Non si mosse, continuò a guardarmi accigliata e confusa allo stesso tempo. Quegli occhi verdi incatenati ai miei, le gote in fiamme, le lentiggini attorno al naso che la facevano sembrare così innocente.
Diavolo! Non aveva idea di quanto stesse rischiando.
«Perché mi hai dato quel bacio?»
Era testarda, curiosa, non voleva arrendersi. Faceva domande su domande, troppe, a cui non volevo rispondere.
«Non lo so.»
«Bugiardo.»
Mi sporsi verso di lei, passandole una mano tra i capelli, l’afferrai per la nuca e la baciai di nuovo, con veemenza, senza lasciarle il tempo di respirare.
Mi spinse via con un lamento.
«Mi hai fatto male», disse toccandosi il labbro ferito.
Sorrisi spavaldo.
«Vai a casa.»
«Ma…»
Non la lasciai finire.
«Te lo dirò, per l’ultima volta. Vai a casa, Rebecca.» E sperai che mi ascoltasse perché avrei potuto non rispondere più delle mie azioni.


3

«Rebecca», la chiamai standole dietro, lei non si fermò. «Possiamo parlare?»
«Non ho tempo da perdere», contestò uscendo dal municipio. Non mi degnò di uno sguardo e continuò la sua marcia senza voltarsi. 
Ah! Quindi sono diventato una perdita di tempo adesso?
Non gliela avrei data vinta.
Voleva fare la dura?
Lo sarei stato più di lei.
Avrei messo a tacere la sua irriverenza, non permettendole di trattarmi in quel modo.
Mantenni il suo passo fino alla sua macchina.
Lei salì e io feci altrettanto.
«Scendi.»
«No.»
«Sebastian, scendi dalla mia macchina.»
«No, non lo farò. Dobbiamo parlare.»
Incrociò le braccia e sbuffando si lasciò cadere sul sedile.
«Ti avverto che non sono dell’umore adatto. Non so dove sia finita Hanna, devo trovarla», disse con fare seccato.
Era così snervante avere tutte le risposte alle sue domande. Non volevo dargliele poiché, se lo avessi fatto, non mi avrebbe più guardato in faccia e non era questo a cui miravo. Cercavo di avvicinarla, non di certo il contrario.
«Non so come aiutarti. Vorrei solo parlare dell’altra sera e dal momento che ci siamo incontrati per puro caso, potremmo approfittare.»
Avevo bisogno di sapere cosa le passasse per la testa, mi faceva impazzire.
Mi voleva e mi respingeva. Diceva di non voler uscire con me, ma si presentava vestita di tutto punto. La sera, al lago, mi era letteralmente saltata addosso per poi pentirsene facendomi sentire un depravato.
Giocava con me come se fossi un burattino.
Mi faceva credere di averla in pugno e poi mi sfuggiva dalle dita con la stessa facilità con cui si era lasciata prendere.
Tutto questo era destabilizzante anche per un ego pompato come il mio. 
Se la situazione non fosse stata già di per sé bizzarra, avrei pensato che mi stesse semplicemente prendendo in giro.
Ma non era così.
Io ero ossessionato da lei sin da bambino, l’avevo sempre osservata da lontano immaginando soltanto di stringerla tra le mie braccia.
Ora, invece, non era più un sogno proibito, si era lasciata afferrare, toccare, mi aveva permesso di godere di lei e con lei.
Perché poi mi rifiutava ignorando i suoi stessi desideri?
Non potevo leggerle il pensiero, ma l’intesa tra noi era quasi tangibile. Riuscivo a sentire l’odore delle sue voglie ogni volta che mi avvicinavo a lei, o quando le sfioravo la pelle. Il battito cardiaco che accelerava, il respiro più pesante, l’imbarazzo che le arrossava il viso e quella bocca che pronunciava parole dissonanti subito dopo essersi morsa un labbro. 
«Cosa dovrei dirti, Sebastian?»
«Spiegarmi cosa ti prende, tanto per fare un esempio.»
La sua espressione mutò, non c’era più stizza nei suoi occhi, sembrava più tristezza, forse rimorso. Si girò a guardare fuori dal finestrino come se non volesse incontrare il mio sguardo.
«Non so cosa risponderti. È così e basta.»
«Perché ti lasci corteggiare? Mi permetti di averti e poi scappi. Non sarò del tutto umano, ma questo non ti dà il diritto di comportarti così. Io non sto affatto giocando, Rebecca.»
Mai avrei pensato di pronunciare parole simili, non mi era mai importato nulla dei sentimenti della gente, tantomeno dei miei convinto com’ero di non poter provare nulla di diverso dalla brama di sangue.
Però…
«Perché di te non mi fido.»
Un colpo basso, bassissimo.
Una stilettata al petto che mi causò dolore come una lama rovente conficcata nella carne.
«Così mi ferisci. Guarda che un orgoglio ce l’ho e non mi piace farmi prendere in giro.»
«Sei un demone, te ne farai una ragione.»
Non le credevo, non volevo.
Non era del tutto sincera e il fatto che continuasse a non guardami me ne dava conferma.
«Concedimi un appuntamento. Adesso. Al Moonlight, sotto gli occhi di tutti.»
«Per dimostrarmi cosa, Sebastian? Che non hai problemi a farti vedere con me in pieno giorno? Se ci andiamo adesso, insieme, l’unica che verrà giudicata sarò io, non certo tu.»


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