mercoledì 13 febbraio 2019

PHI, AKILAH AZRA KOHEN, Recensione.

TITOLO: PHI
AUTORE: Akilah Azra Kohen
EDITORE: Mondadori
SERIE: (PHI-CHI-PI Vol. 1)
PAGINE:520
PUBBLICAZIONE: 22 gennaio 2019
GENERE: Narrativa
PREZZO: € 19,00 cartaceo, 9,90 ebook
Can Manay è uno psicologo con molte ombre nel passato. Grazie alla sua filosofia di vita e ai suoi insegnamenti, ha ormai la popolarità di un guru ed è una potente e capricciosa star mediatica.
Un giorno, mentre visita una proprietà da acquistare in un quartiere defilato della città, scorge tra le foglie una ragazza, una ballerina, che con una grazia e un'armonia uniche si esercita nel giardino di casa.
Per Can è una vera e propria rivelazione: davanti a sé c'è l'incarnazione della perfezione estetica, di ogni ideale di bellezza, il PHI.
L'uomo non può far altro che ricorrere a tutti i suoi mezzi e la sua ricchezza per conquistarla... Ma c'è qualcosa di più spietato dell'amore per una sola persona?
Inizia così la travolgente storia di Can e Duru, del suo fidanzato Deniz e di Özge, una giornalista che scoprirà scottanti segreti sul conto di Can.
Quattro personaggi intramontabili perché ci somigliano da vicino, ciascuno con i suoi traguardi da raggiungere e le sue ossessioni.
Una storia di passione, speranza, tradimento, come la vita vera, che condurrà il lettore a muovere i primi passi verso un percorso di consapevolezza. Come i personaggi di PHI, infatti, «ciascuno, nella vita, ha una cosa che gli riesce molto bene. Una soltanto. Ce la portiamo dentro sin dalla nascita» e il nostro compito è riconoscerla; in una parola, scoprire chi siamo davvero.

 Questo libro non è per tutti. È stato scritto per quelli tra noi che sono consapevoli del fatto che nulla è come sembra, che dal momento in cui nasciamo siamo bombardati da sollecitazioni che ci allontanano da ciò che siamo destinati a essere e ci trasformano in esseri sociali.
Che nel corso della sua esistenza la cosa più importante per questo animale umano è scoprire la propria individualità met-tendola al riparo dalla vita quotidiana.
Quando ho letto la trama di Phi di Akilah Azra Kohen mi sono fermata ad immaginare come sarebbe stata la storia scritta da una collega psicologa e per di più dello stesso orientamento.
Ammetto che la spinta finale alla lettura l'ho avuta quando ho appreso che l'intento dell'autrice non era quello di scrivere un saggio (che nessuno avrebbe letto) ma di raccontare l'animo umano nella sua tridimensionalità e secondo svariate sfaccettature, in modo che i lettori vi si possano riconoscere e trovare nel testo spunti di riflessione che li aiutino a riflettere sull'essenza del proprio io. 
 Le persone si sono talmente allontanate da sé che non si ren-dono nemmeno conto del perché sono venute al mondo. E in più ricevono un’istruzione che non ha niente a che vedere con loro...

Phi è difficile da descrivere, perchè è una vera e propria esperienza di lettura, un percorso che si dipana tra i meandri dell'ossessione, della passione e della coscienza di sè nel mondo, inseguendo ben dodici personaggi.
La Kohen ci illustra le vicende di Can Manay, psicologo all'apice della popolarità, grazie ad un programma televisivo di successo. Can è fissato con il Phi, indice della sezione aurea, della perfezione e dell'equilibrio tra linee, forme e armonia.
Alla ricerca di un nuovo appartamento che funga da pied-à-terre, incontra Duru, bellissima ed esotica ballerina che lo colpisce come una folgorazione. Per Can, Duru, con il suo fisico longilineo e le linee armoniche rappresenta la bellezza ideale che tanto cerca. Averla diviene per lui una vera e propria ossessione, ma Duru è impegnata in una relazione con il fascinoso Deniz, e a dirla tutta, la ragazza non si è nemmeno accorto di lui.
Le fila della trama si intrecceranno poi con quelle di Özge, giornalista in cerca dello scoop che gli permetta di fare uno scatto di carriera, e una serie di sfortunati/fortunati eventi la condurranno sulla stessa strada di Can, del quale scoprirà oscuri segreti. 

L'avvertimento dell'autrice che Phi non è un film per tutti è maledettamente vero.
«Alcuni si realizzano trasformandosi, perché non conoscono la ragione della loro esistenza, o non se ne interessano, o magari perché amano sperimentare la trasformazione; altri invece si realizzano progredendo, perché sanno cosa sono, ma la questione, per loro, è “in che misura” possono diventare. Io so cosa sono, mi interessa capire in che misura potrò essere.»

Quello che mi è piaciuto è l'interconnessione tra i vari personaggi che popolano questo libro e che nelle loro interconnessioni mostrano ossessioni, desideri e fragilità che sono reali e nei quali un lettore potrebbe ritrovarsi.
La trama è originale e si cala nell'esplorazione dell'animo umano offrendo spunti di riflessione interessanti riguardo alla spinta ad autorealizzarsi e sul significato che il desiderio assume in ognuno di noi.
Can è sicuramente il fulcro da cui parte tutto, ma il libro non si esaurisce in esso. Come una spirale, ogni evento è legato ad un altro e le considerazioni che si originano da alcuni personaggi possiamo ritrovarli in altri.
Can è un vanesio, crede di avere trovato la perfetta equazione che permetta di vivere in modo onesto la vita. In realtà non è poi così affascinante, è preso da se stesso e da una serie di ossessioni a cui si aggiunge la passione per la bella Duru.
Un altro personaggio che ho amato è la studentessa Bilge, abile ma con qualche problema di socializzazione e un fratello autistico con una spiccata abilità per i numeri.
Le considerazioni dell'autrice, affidate alle voci dei vari personaggi, soprattutto Can e Bilge, studentessa del suo corso di psicologia, affondano nell'esegesi della natura della socialità umana e di come questa ci abbia allontanati dal nostro nucleo profondo e vero. Indirizzare la curiosità verso gli altri ci ha portato a sacrificare il nostro potenziale, che rimane inespresso, a favore di una realizzazione che non appartiene a noi ma agli altri, o a quello che gli altri ritengono sia giusto o scontato per noi. 
Certo, siamo assediati dai compiti di ogni giorno, per dare un senso alla vita non facciamo che lavorare e anche quando non lavoriamo vediamo gli altri solo per stordir-ci: così sfuggiamo alla solitudine, ma se indirizziamo la nostra curiosità sempre e solo verso gli altri finiamo per sacrificare il nostro potenziale.

L'acume di Bilge mi è piaciuto perchè è capace di mettere a tacere l'ego smisurato di Can che pensa di essere il possessore delle verità del mondo.
Passione carnale, tradimento verso se stessi e i propri ideali, desideri e ricerca della perfezione sono nuclei fondanti di una testo che mi ha appassionato e affascinato profondamente.
Sono curiosa di leggere il seguito CHI (χ), che rappresenta la variabile sconosciuta, l’ignoto, quello che ciascuno di noi nella vita è chiamato a scoprire, e PI (π), il numero che prosegue all’infinito, quindi rappresenta l’evoluzione continua dell’essere umano.
Non un manuale di filosofia, non un saggio di psicologia ma una storia intricata che parla attraverso personaggi che giocano sulla dicotomia normalità/surrealismo, per essere spunto di riflessione profonda e autoanalisi. 
anziché stare a etichettare e giudicare i pazienti, uno psicologo deve esaminarli, comprendere ciò che ha individuato e aiutarli a trovare il proprio posto. Conosco molte persone che avrebbero molto da ridire su questo: psicologi, psichiatri... Ma alla fine il vostro valore come psichiatri sarà proporzionale al numero di clienti che avrete aiutato.



5 commenti:

  1. Cara RosAria, ho ricevuto Phi in regalo, ne ho appena terminata la lettura e ho cercato recensioni per sapere se a qualche altro lettore fosse piaciuto. Mi sembra che tu sia rimasta impressionata positivamente. A me, sinceramente, ha lasciato sensazioni sgradevoli, una inquietudine profonda, un senso di estraneità nei confronti del mondo descritto e di tutti i personaggi. A parte la domanda "Ma l'autrice pensa di aver scritto qualcosa di eccezionale?" e una blanda curiosità su quale sarà l'evoluzione delle varie vicende, abilmente lasciate in sospeso in modo da incoraggiare l'acquisto degli altri due tomi della trilogia, non mi è piaciuto nulla: né lo stile dell'autrice, né la personalità dei vari personaggi. Persino la scena finale, una scena di sesso, non possiede nulla di erotico, o di eccitante, coinvolgente. Una telenovela squallida, popolata da persone individualiste, perse nei loro singoli Ego, interessati agli altri solo nella misura in cui questo soddisfa le loro esigenze, insensibili agli altri aspetti del loro vero, intimo Essere. Si salva la figura dell'autista di Can, Ari. E forse Bilge. Personalmente non comprerò gli altri libri, resterò con la mia blanda curiosità. Ti saluto e ti ringrazio per lo spazio concessomi, e, se vorrai, per un confronto più approfondito. Buone letture. Ginny

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    1. Ciao Ginny. Mi fa molto piacere leggere il tuo commento e sentire un parere differente dal mio. Forse la mia deformazione professionle mi fa amare i personaggi con Ego spropositti come Can. Certo non è un testo facile e la sua lunghezza non alleggerisce sicuramente il tutto. L'autrice tr le altre cose aumenterà il numero di pagine ad ogni successivo volume. Per il resto ho trovato un po' di riflessioni interessanti e spunti sull'analisi del mio aspetto lavorativo, forse questo però non mi fa calare nei panni lettore che sitrova davanti un piccolo mattoncino con personaggi a volte surreli.
      Passa ancora quando vuoi a lasciare un tuo pensiero, per me è un piacere.

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  2. Ho BISOGNO di sapere cosa significa in lingua originale "il nome di uno", frase che dice Bilge nel capitolo 51 a pagina 319 (edizione cartacea Mondadori), sono sicura che ci sia un gioco di parole fondamentale che non è passato nella traduzione. Qualcuno può aiutarmi ?

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    1. Ciao. Ti riferisci a questa frase?
      «La parola che più odia?». Can Manay, ridendo, disse: «Il nome di uno che conosco, ma qui non posso dirlo». La risposta era andata a genio anche a Bilge, che mentre il pubblico rideva ripeté a voce alta tra sé e sé: «Il nome di uno!».

      Non so come sia la versione originale, ma credo che il nome di uno che conosce ma non può dire sia quello di Deniz, il fidanzato di Duru.

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