TITOLO: Caffè Voltaire
AUTORE: Laura Campiglio
EDITORE: Mondadori
PAGINE:264
PUBBLICAZIONE: 5 maggio 2020
GENERE: Narrativa Contemporanea
Svoltati i trentacinque, Anna Naldini ha la sensazione di ritrovarsi dalla parte sbagliata della trentina: quella in cui la sbornia diventa dura da smaltire, ma soprattutto quella in cui dai progetti è ora di passare ai bilanci. Ma c'è di peggio. Nel giorno del suo compleanno perde la più importante tra le otto collaborazioni precarie di cui si fregiava il suo barocco curriculum: il lavoro di reporter per "La Locomotiva", il quotidiano di sinistra per antonomasia. Non si scoraggia, e dopo la sbronza di rito è pronta a rimettersi in gioco dal tavolino del Caffè Voltaire, il suo bar di riferimento. Sarà il giornale più a destra del Paese, "I Probi Viri", a proporle di seguire una campagna elettorale che si preannuncia agguerritissima dopo l'improvvisa caduta del governo. Perfetto, se non fosse che "La Locomotiva" la richiama: ad Anna non resta che celarsi dietro due pseudonimi - Voltaire e Rousseau - e gettarsi nell'agone politico, prestandosi a un doppio gioco in cui vero e falso si confondono sempre di più. Nell'epoca della post-verità, si può scrivere tutto e il contrario di tutto sperando di uscirne indenni? Tra slogan elettorali, scorrettezze di bassa lega e fake news (con l'aggravante di un inatteso incontro romantico), Anna si renderà conto che fare la cosa giusta non è facile come sembra. E pensare che tutto è iniziato con un innocuo motivetto francese sugli illuministi, Voltaire e Rousseau appunto, che il nonno Pietro da Lomello, un vecchio saggio pragmatico e ironico, le cantava quand'era piccola... Una commedia fresca e incalzante, brillante e attuale, che coniuga un riuscitissimo ritratto generazionale al racconto informato di una campagna elettorale perfettamente calata nel presente.
Miei impavidi lettori, oggi ospito una delle tappe del blogtour dedicato al libro di Laura Campiglio: Caffè Voltaire. Compito mio è parlarvi delle tematiche affrontate e devo dire che ne son o ben contenta, avendo trovato molti spunti di riflessione, alcuni abbastanza personali.
La protagonista di Caffè Voltaire è Anna Naldini, una ragazza che si trova alla fatidica soglia dei trentacinque anni, una mia quasi coetanea, trovandomi anche io alla famigerata generazione perduta dei trenta-quaranta.
Anna è il classico esempio di giovane nato negli anni ottanta che si ritrova a fare mille lavori, inseguendo il miraggio della stabilità. Per uno strano e rocambolesco equivoco lavorativo, in occasione delle prossime elezioni, Anna si ritrova a dover scrivere per due testate giornalistiche dalle opposte idee politiche. Sotto due differenti pseudonimi, come un'equilibrista, Anna si divide tra parole pungenti e articoli sulla bocca di tutti che non la mandano certo a dire sulla classe politica pronta a governare il Paese.
Non mi dite che non notate qualcosa di familiare!
Con uno stile tagliente e diretto e lo sguardo disincantato di chi ha capito che l'Italia è un paese per vecchi, Laura Campiglio fotografa la generazione del precariato, quella dei lavori a contratto, delle collaborazioni, quella che crea l'illusione dell'eterna giovinezza come specchio per le allodole di una stabilità che forse non arriverà mai.
E forse questa stabilità non l'avremmo mai cercata se nessuno ce l'avesse tolta, se non ci fossimo svegliati una mattina scoprendo che al tuo curriculum (non me ne voglia Max), puoi continuare ad aggiungere titoli, ma quello che troverai sarà solo un co.co.co.
Insomma, Laura descrive proprio la mia generazione in modo acutamente perfetto e dolorosamente vero.
Ma cos’è questo vecchiume novecentesco, magari tra tre mesi ce ne andiamo all’estero, la convivenza è sempre la scelta migliore e i bambini sono una palla al piede. Siamo o non siamo la generazione trenta-quaranta? Quelli che quando avevano letto Bauman avevano creduto che la società liquida potesse anche essere una bella cosa, quelli che quando sentono che uno è nato nel 2000 si chiedono come mai non sia all’asilo, quelli che la tredicesima è un po’ come il drago di Komodo: sappiamo che esiste ma non ne abbiamo mai visto uno. Ma la verità, quella scomoda, quella che fingi di non vedere perché è brutta e di non sentire perché puzza, è che io la conosco bene, la tacita paura che serpeggia al bancone dell’aperitivo quando noi trenta-quarantenni romanziamo a nostro uso e consumo le nostre avventurose esistenze precarie. È solo che ogni tanto vorremmo sentire che ce la stiamo facendo, sentire che pur confusamente stiamo cominciando a costruire qualcosa invece di continuare ad annaspare, inciampare, perdere pezzi.
Caffè Voltaire è anche una storia di relazioni, di amicizie consumate all'ombra di un aperitivo, dissonanze originatisi dal controsenso di una società in cui è possibile dire tutto e il contrario di tutto. Un bartender può assumere la figura del filosofo (e forse come formazione lo è veramente), e la rivoluzionaria può piegarsi alle logiche del capitalismo.
Una bella lettura, significativa, ironica e dissacrante. Anna può essere ognuno di noi, può rispecchiare paure più o meno grandi, ma personale è il modo che abbiamo di affrontarle, di reagire a questi tempi con una differente dose di resilienza.
Nessun commento:
Posta un commento